Lisbona, Ericeira, Gran Canaria, Varsavia, Tblisi, Porto, Belgrado, Instabul, Sofia, Madeira. Non sono le tappe esposte su una vetrina di un’agenzia di viaggi, ma le prime 10 mete europee dei nomadi digitali secondo nomadlist.
Già nel numero di febbraio avevo affrontato il tema del nomadismo digitale, con la classificazione formulata dall’esperta di marketing, Maria Galvez. Ma cosa significa essere nomade digitale?
Essere nomade digitale non si traduce solo nella scelta di un luogo, ma in una scelta più profonda, magari anche temporanea, dettata da altri tempi, altre esigenze e soprattutto dalla ricerca di un miglioramento della qualità della vita.
Secondo alcuni studi e analisi i nomadi digitali sono più produttivi, perché sono fortemente motivati a portare a termine il proprio lavoro il prima possibile per esplorare il nuovo ambiente. I nomadi digitali sono più creativi, perché vivono esperienze diverse e attingendo da queste molteplici fonti creano connessioni creative.
Inevitabilmente viaggiare in posti nuovi spinge fuori dalla zona di comfort e per adattarsi a nuovi ambienti è necessario impegnarsi con persone e culture diverse, aprendosi a nuove esperienze future. Viaggiare e cambiare rafforza dunque il desiderio e la capacità di apprendere nuove abilità.
Da un punto di vista statistico circa il 72% ha una laurea triennale o equivalente, il 61% è sposato, solo il 26% ha figli minorenni e nel 97% ha ricevuto un vaccino per il COVID-19 e, in Europa, le località del Portogallo sono in “pole position”.
Nel mio caso, invece, a fine mese farò con mio marito alcune prove di nomadismo digitale. La meta? Per ora non spoilero, ma vi aspetto con il prossimo numero della mia newsletter.