Da quando smart, remote e home working, sono diventate espressioni di uso comune, anche il fenomeno del “nomadismo digitale” ha assunto maggiore notorietà.
In questo ultimo periodo sono stati diffusi numerosi studi per analizzare questo trend e spesso visualizziamo classifiche sui “10 migliori posti dove andare a lavorare”.
Ma chi sono i nomadi digitali, dove vanno e dove andranno dopo la fine dell’emergenza?
I nomadi digitali sono stati classificati in vari modi. Un’esperta di marketing, Marìa Gàlvez, ha ad esempio individuato 4 categorie.
I cultural traveller, che ovviamente cercano luoghi in posizioni strategiche rispetto agli attrattori storici e culturali. Le nomad family, che approcciano un nuovo stile di vita, in un altro luogo, cercando ovviamente di soddisfare le esigenze di ciascun componente della famiglia. Gli amanti della natura e infine, gli adventurer, che scelgono destinazioni rinomate per l’outdoor e per le attività sportive.
Ma un altro aspetto particolarmente interessante, non riguarda soltanto le caratteristiche degli smart workers, ma l’offerta da parte di luoghi che hanno individuato nuove opportunità di sviluppo in funzione di questo fenomeno. Tra gli esempi di maggiore interesse la Digital Nomad Visa istituita dall’Estonia, un vero e proprio visto per gli smart worker; il programma 12 month Barbados welcome stamp oppure Santa Fiora, il primo smart village d’Italia, dove il comune aveva già nel 2020 promosso un bando per pagare il 50% dell’affitto a chi decideva di trasferirsi per lavorare da remoto.
Dopo la fine dell’emergenza presumibilmente ci saranno dei contraccolpi, ma è altrettanto evidente che è stato sdoganato un modo di lavorare che fa perno sul tema centrale di questo secolo: il digitale!