A fine marzo, sul Financial Times, è stato pubblicato un articolo molto critico sul cibo italiano. L’autore? L’italiano Alberto Grandi, che già anni fa con il suo podcast “Denominazione di origine inventata“, sfatava (dal suo punto di vista) i miti della cucina italiana: dal panettone al tiramisù, molti ‘classici’ sono in realtà invenzioni recenti” sostiene l’esperto nell’articolo del Financial Times raccontando come in realtà la prima vera e propria pizzeria è nata a New York, che il “vero parmigiano si fa in Wisconsin” e che la carbonara è “un’invenzione della tradizione” in quanto piatto americano nato in Italia.
Perché questo articolo a fine marzo sulla cucina e il cibo italiano?
Il motivo è molto semplice, poiché lo scorso 23 marzo la cucina italiana è stata ufficialmente candidata a patrimonio immateriale dell’UNESCO. La candidatura è supportata dal Comitato scientifico presieduto dal professor Massimo Montanari e approvata dal Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana Unesco.
La cucina italiana è un elemento che non accomuna solamente gli italiani che vivono nella penisola, ma anche gli oltre 80 milioni di italiani all’estero, che attraverso quei sapori ritrovano il sapore di casa e della tradizione.
In realtà già la pizza, tra i più amati e consumati al mondo, è dal 2017 patrimonio UNESCO: in questo caso l’arte del pizzaiolo napoletano è identificata come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico, perché la manualità del pizzaiolo non ha eguali e fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come marchio di italianità nel mondo.
L’UNESCO considera importante preservare il patrimonio immateriale, perché rappresenta una parte fondamentale dell’identità culturale delle comunità e delle società in tutto il mondo. Questo patrimonio non è statico, ma continua a evolversi e ad adattarsi alle esigenze delle persone e delle società. Pertanto, la protezione e la promozione del patrimonio immateriale richiedono un impegno costante per garantire la sua continuità e trasmissione alle future generazioni.
E’ evidente che tali caratteristiche e anche la capacità di evolversi della cucina italiana, rappresenterà sempre uno degli elementi del made in Italy, che continuerò sempre a promuovere e sostenere, soprattutto fino al riconoscimento UNESCO, che avverrà non prima del 2025!